Next to me: cosa succede dietro le quinte?

Come funziona Next to me e quali problemi si trovano davanti gli operatori del progetto? Siamo stati nel backstage di Next to me, dove si lavora concretamente per la sua riuscita, e abbiamo rivolto queste domande ad alcuni dei principali attori. Next to me è una bella sfida che coinvolge proprietari di immobili, famiglie in difficoltà, operatori delle cooperative sociali, dirigenti e operatori delle pubbliche amministrazioni. Ci interessava capire che cosa ne pensassero del progetto le persone che quotidianamente ci lavorano.

Lo spunto per porre questa domanda ce l’ha fornito il prof. Giulio Mattiazzi dell’Università di Padova, che nella sua analisi ha identificato tre questioni nodali e potenzialmente problematiche: a) i servizi sociali non sono percepiti come un supporto al percorso di autonomia degli assistiti, ma come un’assistenza legata all’emergenza infinita da questi vissuta; b) l’operatore (pubblico o privato) molto spesso non possiede competenze specifiche relative all’abitare e quelle riguardanti il mercato del lavoro; c) esiste la sfiducia di alcuni proprietari di immobili, convinti dell’incapacità delle famiglie di onorare gli impegni economici. Si tratta di preoccupazioni che il ricercatore ha espresso e su cui i nostri interlocutori hanno, gentilmente, detto la loro.

Queste stesse questioni le abbiamo poste ad alcuni attori del progetto che, a dir la verità, raccontandoci come conducono il loro lavoro, ci hanno rassicurato su queste preoccupazioni e infatti ci hanno detto che…

a) Autonomia è la parola chiave del progetto e tutte gli sforzi sono tesi a dare la possibilità alle famiglie di poter fare il loro percorso. Molte famiglie provengono da strutture di accoglienza dove non hanno avuto modo di sperimentare percorsi di autonomia e di autogestione e Next to me rappresenta il primo momento in cui provare a “farcela da soli”.

I servizi sociali non sono vissuti come un supporto al percorso di autonomia degli assistiti, ma come un’assistenza legata all’emergenza infinita da questi vissuta

“Le cose sono sempre complesse, un po’ è vero che la promozione dell’autonomia è problematica – ragiona Chiara Aliprandi, dirigente dei Servizi Sociali del Comune di Padova – bisogna considerare diversi elementi: nei primi anni dell’immigrazione ci trovavamo di fronte a uomini soli con una buona autonomia e senza particolari necessità assistenziali, oggi abbiamo a che fare con tante madri sole con figli che vengono da situazioni difficili, la situazione delle persone che accogliamo è di molto peggiorata. C’è un peggioramento della posizione reddituale di tutti e a maggior ragione degli stranieri, sono lavoratori poveri e per le madri sole la situazione è ancora più difficile ed è in peggioramento. Certo è – prosegue la dirigente – che alcuni dei nostri utenti fanno fatica ad uscire dai circuiti assistenziali, c’è una complessità maggiore per una varietà di fattori e occorre dire che facciamo fatica a stare dentro processi rigorosi non rigidi, ma rigorosi cioè che aiutano la persona ad attivare la propria responsabilità. È evidente che l’accompagnamento, come quello che pratichiamo con Next to me, è l’unico modo per aiutare le persone ad uscire dal circuito assistenziale e, parlando in termini meramente economici, è bene sottolineare che non investire nell’accompagnamento significa spendere di più nel lungo periodo”.

“Molte delle persone che seguiamo – racconta Paola Bornancini case manager in Next to Me ed educatrice della cooperativa Cosep – non sono abituate a svolgere tutte le azioni necessarie che richiede un’autonomia. Quello che notiamo sempre di più, che alcune pratiche che consideriamo banali diventano dei problemi come fare le attivazioni delle utenze, le volture, un cambio di residenza. Il nostro stile d’intervento è quello di non sostituirci a loro ma di porci accanto a loro per capire come funziona, per farti un esempio: non compilare il modulo al posto loro, ma aiutarli solo nel momento in cui si presentano delle difficoltà. Certo se lo facessimo noi l’operazione sarebbe molto più semplice, ma bisogna dedicare del tempo a questo, non solo dal punto di vista pratico ma anche dal punto di vista mentale, devono cambiare anche loro prospettiva e prendere in mano la loro vita”.

“L’autonomia è già nella nostra mission, non c’è nulla di innovativo in questo – commenta Nicoletta Coviello, assistente sociale a Montegrotto – ho sempre lavorato con equipe multiprofessionali, si tratta della conferma di quello che ho studiato per anni: si lavora con le persone, e sottolineo “con”, gli errori emergono quando i progetti si indirizzano non “con”, ma “al posto” delle persone”   

b) Nell’accompagnare le famiglie ad abitare una casa gli operatori di Next to me si ritrovano ad affrontare, assieme alle stesse famiglie, una miriade di problematiche di tipo molto diverso: dall’accesso al lavoro alla cura dei figli, dal rapporto con il vicinato alla gestione corrente dell’immobile. Per questo fin da subito è stato prevista la costituzione di un’equipe composta da figure professionali diverse: educatori, psicologi di comunità, un’operatrice del mercato del lavoro, un’operatrice legale, un’infermiera, un’educatrice che si occupa di minori, una psicoterapeuta transculturale e mediatori culturali

L’operatore (pubblico o privato) molto spesso non riunisce competenze specifiche relative all’abitare e quelle riguardanti il mercato del lavoro

“Il punto di forza di questo progetto è l’equipe che è multidisciplinare, sentire tutte le voci è una grande soddisfazione, stiamo imparando tanto – sottolinea Alessandra Meneghini del Comune di Padova -, si lavora nella multidisciplinarietà, per farti un esempio: l’infermiera che è parte dell’equipe, una volta vista la famiglia, ci ha offerto una visione differente del problema e ci ha aiutato a capire alcune cose”.

“Emergono tantissime problematiche di tipo diverso – racconta Paola Bornancini – non sono tuttologa dovrei spendere molto tempo a fare ricerca, se dovessi fare tutto io dovrei fare cose che non conosco. Sentire un altro punto di vista è importante altrimenti diventi autoreferenziale. Con un’equipe così importante serve un grande lavoro di coordinamento non è facile, la mole di lavoro è tanta, mi sento continuamente con le altre figure professionali e da questo punto di vista ci sono tanti vantaggi, ma è sicuramente impegnativo”.

“Con Next to me cerchiamo di incidere nel mercato privato dove vigono logiche diverse da quelle specifiche del sociale – sottolinea Tiziano Peracchi presidente della cooperativa il Sestante e coordinatore dell’equipe che sta promuovendo il progetto -, nel mercato immobiliare è l’impresa profit che anima i ragionamenti, sono ambiti differenti quelli a cui fa riferimento abitualmente la cooperazione sociale. A mio avviso le soluzioni da mettere in campo sono strumenti misti tra pubblico privato e terzo settore. Le esperienze che osserviamo in giro per l’Italia, le migliori, integrano le componenti pubbliche e private interloquendo con il mercato. Le politiche innovative sono quelle che mettono assieme. E mettendo assieme è bene intendersi anche sul linguaggio: pensa al tema delle garanzie che offriamo alla sottoscrizione del patto: dalla proprietà le garanzie sono viste come quelle economiche (il pagamento dell’affitto), mentre quello che a noi interessa è valorizzare il supporto dell’equipe professionale messa a loro disposizione. In qualche modo stiamo cercando di fare apprezzare anche un registro linguistico differente che consente di non avere grane con i vicini, di vedere mantenuto in ordine l’alloggio, la regolarità delle utenze…

“Nel rapporto con il mercato immobiliare ci rendiamo conto – sottolinea Chiara Aliprandi – che occorre un piglio adatto, l’educatore che segue le persone è un conto, l’operatore che ha un rapporto con la proprietà deve avere una modalità differente. Per questo dobbiamo attrezzarci, bisogna pensare ad esempio, e ci stiamo pensando, ad un prodotto finanziario di garanzia per il proprietario e un’interlocuzione con la proprietà di appannaggio di una professionalità specifica”.

c) La richiesta ai proprietari di immobili di aderire a Next to me dando in affitto ad una famiglia in difficoltà una casa di loro proprietà non rappresenta un passaggio semplice e per questo il progetto ha previsto una serie di garanzie e di rassicurazioni. Non solo di tipo economico.

La sfiducia di alcuni proprietari di immobili

 

“Si, è indubbio che c’è una difficoltà nel coinvolgimento da parte dei proprietari di immobili anche a causa di esperienze negative pregresse dove non c’è stato un percorso di accompagnamento, ma anche per la crisi economica per cui diversi piccoli proprietari la certezza del reddito derivanti dall’affitto diventa vitale e quindi aumenta il timore. Sono piacevolmente stupita del fatto che siamo riusciti comunque a coinvolgere diversi proprietari” rivela Chiara Aliprandi.

“Abbiamo capito, lavorando a questo progetto, che era necessario concentrare i nostri sforzi non solo su quelli che siamo abituati a seguire – le persone in difficoltà -, ma anche sui proprietari degli immobili mettendo in campo una serie di strumenti di rassicurazione e garanzia che gli offrissero la tranquillità di mettere in gioco la loro proprietà” racconta Tiziano Peracchi.

“Si tratta di un progetto fatto bene e presentato bene – racconta Marina Manna, proprietaria coinvolta in Next to me – che offre anche garanzie solide ai proprietari che vogliano partecipare al progetto”.

#NexttoMe - #RetiDiVicinanze - #casaresilientepadova​

Info tecniche 

FAMI Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione 2014-2020

Titolo del Progetto: NEXT TO ME – Reti di vicinanze

Codice del Progetto: PROG-2999

Beneficiario: Padova

Obiettivo Specifico: 2.Integrazione / Migrazione legale

Obiettivo Nazionale: ON 3 – Capacity building – lettera j) Governance dei servizi – Supporto agli Enti locali

Annualità di rif.: 2019 / 2021

Scroll to Top